Admin Login

NOTE IN TEMA DI RISCHIO RAPINE

     COMMISSIONE NAZIONALE SALUTE E SICUREZZA
 
Circolare unitaria tecnica n. 1 del 2 luglio 2008
    Il rischio rapina in banca
 
Traumi e danni psicofisici conseguenti a rapina
 
PREMESSA
 
Il sindacato unitario ormai da tempo ha sviluppato un intervento specifico riferito al tipico rischio del lavoro bancario: il c.d. “rischio rapina”. Il confronto con ABI ha fatto registrare e registra una fase di forte criticità, soprattutto riferita alla natura del rischio in oggetto, culminato nella decisione di non sottoscrivere i Protocolli Anticrimine promossi unilateralmente dall’ABI a livello provinciale.
 
A tale proposito, con la comunicazione unitaria del 9 maggio 2006 le OO.SS. unitariamente esprimevano il loro giudizio negativo sulla posizione dell’ABI, in modo particolare per quanto riportato all’art. 3 della proposta di sottoscrizione dei Protocolli con le Prefetture per la deresponsabilizzazione delle banche rispetto al rischio rapina considerata come un rischio generico e non specifico dell’attività, come se la possibilità di coinvolgimento di un lavoratore bancario in una rapina derivasse, non dalla sua attività lavorativa, ma da una casualità, dal suo status di cittadino che vive in una società dove la criminalità è possibile. Anche perché, stabilita l’esistenza del rischio ma non potendone prevedere con sufficiente approssimazione l’entità del danno è necessario alla luce della normativa applicabile attestarsi nella valutazione sul massimo rischio ipotizzabile.
 
Un punto politico molto delicato è l’eventuale avallo, nel concreto, di una interpretazione del tutto autonoma di ABI in quanto se ne accetterebbe la consueta autoreferenzialità esplicitamente compresa nell’accezione stessa del comma 1 dell’art 3 del Protocollo perchè se l’ABI e le FF.OO. hanno prevalentemente l’esigenza di elevare il livello della sicurezza a tutela del patrimonio e di fare prevenzione contro la criminalità, viceversa le Rappresentanze dei lavoratori - sindacato e RLS - hanno un solo obiettivo: ridurre il rischio per tutte le lavoratrici ed i lavoratori che, come definiti nell’articolo 2, operano per l’azienda.
 
La necessità di chiarimento ci obbliga in via preliminare a cercare di dirimere le competenze istituzionali di vigilanza Safety e Security, dove la prima è in carico al Ministero della Salute e la seconda in capo al Ministero degli Interni.
 
I PROTOCOLLI ABI - PREFETTURE
 
I Protocolli, veri e propri Accordi Quadro tra Prefetture e ABI, pressoché uguali in tutte le Province nelle quali sono stati sottoscritti, sono strumenti operativi di (Security) contrasto al crimine, organizzato o meno, per la salvaguardia dei beni patrimoniali aziendali che nulla hanno a che vedere con l’obbligo di tutela della salute e della sicurezza del posto di lavoro (Safety) che, in capo al datore di lavoro, dispone procedure di prevenzione per la tutela dei propri dipendenti e della clientela tra cui, in primis, la valutazione del rischio e l’adozione delle misure per eliminarlo, o ridurne gli effetti, tenendo sotto controllo il solo rischio residuo.
 
I Protocolli vanno intesi come valore aggiunto rispetto a quanto previsto dalla legge e ”non possono rappresentare un momento solo formale, in fondo un adempimento burocratico non accompagnato da successivi comportamenti concludenti che gli diano corpo e sostanza. Troppo spesso la firma di un protocollo viene interpretata più come un punto d’arrivo per coloro che si sono adoperati per la condivisione del testo, anziché come punto di partenza di un reale e rinnovato impegno” .[1]
 
I protocolli d’intesa, nonostante sia stato firmato il nuovo CCNL, non fanno riferimento alcuno a qualsivoglia forma di impegno, collaborazione, informazione, formazione o consultazione di chi, per legge, è delegato alla tutela collettiva dei lavoratori:
¨      le rappresentanze sindacali in virtù dell’articolo 9 della legge 300;
¨      le rappresentanze dei lavoratori per la sicurezza indicate nei sei articoli (da 47 a 52) della Sezione VII – Consultazione e Partecipazione dei Rappresentanti dei Lavoratori del Dlgs. 81/08 (cosiddetto Testo Unico) e nell’Art. 11 dell’Accordo 12 marzo 1997 con cui ai RLS sono attribuiti anche i compiti dell’art. 9 della legge n. 300 del 1970.
 
COSA DICE LA LEGGE
 
La filosofia della legge è quella tutelare la salute dei lavoratori e non la sicurezza patrimoniale dell’azienda.
 
Gli aspetti, organizzativi ed operativi, della Safety rientrano a pieno titolo nella ex legge 626/94, così come abrogata e sostituita dal Dlgs. 81/08, con l’Art. 15 della Sezione I – misure di tutela ed obblighi, tra le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori, quando si indicano tra l’altro:
a.        la valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza;
b.       la programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente e dell’organizzazione del lavoro;
c.        l’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;
d.        la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
e.        il controllo sanitario dei lavoratori;
f.         l’informazione e formazione adeguate per i lavoratori;
g.        l’informazione e formazione adeguate per dirigenti e i preposti;
h.        l’informazione e formazione adeguate per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
i.         l’istruzioni adeguate ai lavoratori;
j.         la partecipazione e consultazione dei lavoratori;
k.        la partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
l.         le misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave e immediato;
m.       l’ uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
n.        il regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti.
o.       l’allontanamento del lavoratore dall’esposizione al rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona e l’adibizione, ove possibile, ad altra mansione;
 
Ma tra le attività sopra menzionate, solo quelle di manutenzione rientrano tra gli impegni che il datore di lavoro assume sia nei confronti della Safety sia nei confronti della Security, con la piccola differenza che con la firma dei Protocolli le Banche assumono un obbligo, per così dire volontario, di collaborazione anticrimine (Security) con le forze dell’ordine, mentre la con la firma del Documento di Valutazione dei Rischi lo svolgimento dell’attività di manutenzione assume la forza di un obbligo di norma cogente a fronte di leggi dispositive.
 
La valutazione dei rischi è contenuta in due articoli della “Sezione II – Valutazione dei Rischi” del  Testo Unico:   
 
- Articolo 28 - Oggetto della valutazione dei rischi
1. La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’ accordo europeo dell’8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi;
 
- Articolo 29 - Modalità di effettuazione della valutazione dei rischi
1. Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, nei casi di cui all’articolo 41.
2. Le attività di cui al comma 1 sono realizzate previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
3. La valutazione e il documento di cui al comma 1 debbono essere rielaborati, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo dell’organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e della sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione e della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate.
 
LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO RAPINA
 
Il rischio rapina, sia dal punto di vista fisico ma anche da quello psichico, si configura come  “rischio della professione” bancaria e come tale non può essere considerato come un rischio atipico o generale, ma al contrario, definito come rischio generico aggravato, esistendo un nesso causa-effetto con lo svolgimento dell’attività lavorativa che non ha bisogno di ulteriori elementi specificanti che, al limite, possono risultare concorrenti e come tali non esclusi dal nesso di causalità.
 
Che il rischio rapina non rientri tra i rischi legati all’attività produttiva è una conclusione unilaterale di ABI: la distinzione ai fini della tutela risarcitoria diventa ancor più essenziale, in quanto i rischi generici ed elettivi non hanno copertura assicurativa, mentre il rischio generico aggravato da ragioni lavorative è diversamente valutato e, con l’azione di rivalsa prevista dalla nuova normativa in capo al Datore di lavoro in caso di colpa, si può arrivare ad una conclusione opposta.
 
Non si può trascurare infatti che per misurare il “rischio Safety” (tutela della salute e sicurezza dei lavoratori) globale di un processo lavorativo, è necessario analizzare e valutare le componenti endogene ma anche i fenomeni esterni che lo coinvolgono, calcolando poi l’entità dell’eventuale danno, e, in relazione al rischio residuo, adottare le misure di prevenzione per contrastare la probabilità dell’evento dannoso. La valutazione del “rischio Safety” è un processo dinamico, che abbisogna di continuo monitoraggio dell’attività svolta al fine di cogliere le opportunità e le “best practices” nei cambiamenti, tecnologici, organizzativi ed ambientali d’interesse.
 
L’impossibilità di azzerare i possibili rischi interni ed esterni, impone la necessità di assicurare, in via generale, il miglioramento continuo che, già richiesto nel titolo stesso dalla ex 626, oggi, col nuovo Testo Unico, richiede al datore di lavoro, al punto t) del già citato art. 15,una programmazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche attraverso l’adozione di codici di condotta e di buone prassi.
 
Il coinvolgimento improprio, nel processo di valutazione del “rischio Safety” delle Autorità Competenti attraverso i Protocolli con le Prefetture, senza precostituire tutte le necessarie condizioni di adempimento previste dalla legislazione vigente in materia di salute e sicurezza, potrebbe determinare scenari antigiuridici sotto il profilo della responsabilità.
 
Le conseguenze delle rapine (disturbo post traumatico da stress e eventuali lesioni fisiche) necessitano di un sistematico monitoraggio con criteri di assoluta scientificità o perlomeno di regola d’arte in accordo alla nuova norma UNI 7289 [2], anche in relazione agli obblighi del datore di lavoro di informare, formare i propri dipendenti e terzi presenti in azienda o nell’agenzia, in ordine ai rischi specifici cui risultino esposti, in relazione all’attività imprenditoriale svolta ed alle conseguenti misure tecniche ed organizzative di protezione e prevenzione adottate.
 
Va ricordato che queste patologie devono essere considerate nella redazione dei documenti di analisi della riunione periodica richiamata nel comma 2 dell’articolo 35 del TU, allorché il datore di lavoro sottoporrà all’esame dei partecipanti “l’andamento degli infortuni e delle malattie professionali e della sorveglianza sanitaria”.
 
In caso di eventi criminosi, anche su richiesta del lavoratore, il medico competente dovrà garantire un primo intervento di soccorso; se questo non fosse possibile, sarà necessario far ricorso ad una diagnosi ospedaliera (pronto soccorso) o alla certificazione del medico di famiglia.
 
Il “rischio rapina” rientra tra i casi che non sono ancora stati regolati esplicitamente da un’apposita norma, come il caso dei videoterminali, della movimentazione manuale dei carichi, del rischio incendi, dei nuovi rischi emergenti, etc. Ma anche i rischi normati esplicitamente dalla legge risultano poi rinviati ad una successiva contrattazione e valutazione tra ASL, Organizzazioni sindacali e datori di lavoro e, nello specifico del “rischio Safety” in caso di rapina,   i dispositivi di prevenzione anticrimine (Security) impiegati diventano a pieno titolo attrezzature di lavoro. E’ logico quindi che l’attività delle ASL debba comprendere anche, ed in modo particolare, l’organizzazione che il Datore di lavoro ha predisposto in merito e che, nella valutazione complessiva, le misure di prevenzione di carattere generale risultino dover essere privilegiate rispetto a quelle specifiche.
 
Inoltre le misure di prevenzione sulle quali le ASL risultano specificamente deputate, come ricordato dal Ministero, possono essere invocate solo per le attività cosiddette normate, sia quelle specificatamente considerate negli Allegati del Testo Unico, sia quelle che trovino nella Norma Tecnica una presunzione della Regola d’Arte. Nelle attività normate risultano infatti definiti i parametri del rischio (p.e. i valori di soglia ammessi), mentre l’attività criminosa a danno dell’ambiente di lavoro non è stata ancora né analizzata attorno ad un tavolo consultivo, né tanto meno sono stati concertati o condivisi i valori di soglia ritenuti accettabili. Non è un caso quindi che l’ABI, come già per un altro caso di rischio non normato - circolare n. 71 dell’INAIL sul mobbing - si prepari ad esprimersi in modo categorico rifiutando per principio il contributo alla discussione ed al confronto.
 
LA FORMAZIONE
 
Il datore di lavoro ha l’obbligo di coinvolgere tutto il personale dell’azienda, utilizzando strumenti formativi e metodologie didattiche modulate tra le esigenze delle banche e quelle dei lavoratori.
 
La formazione o l’addestramento deve avvenire all’atto dell’assunzione, in caso di cambiamento di mansioni, in caso di modifica delle attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie. Una formazione specifica dovrà essere offerta ai preposti. L’intervento formativo dovrà riguardare, fin dalla fase di progettazione, anche i RLS, ed essere periodicamente ripetuto in relazione all’introduzione di nuove attrezzature di lavoro, all’evoluzione dei rischi ovvero all’insorgenza di nuovi rischi specifici esistenti nel proprio ambito lavorativo.
 
Fare informazione e formazione vuol dire affermarne il principio della sua effettività ovvero evitare di fare la retorica dell’informazione e della formazione [3].
 
IL RISCHIO PERCEPITO
 
Una ricerca condotta dalla Facoltà di Sociologia dell’Università di Chieti - Pescara ha evidenziato come quasi il 65% dei lavoratori che opera allo sportello vive nello stato d’ansia di subire una rapina, con un danno conseguente a stress protratto che può essere causa di disturbi psicofisici.
 
La percezione del rischio da parte dei lavoratori denota una certa sfiducia nella gestione della sicurezza aziendale, circa la validità e la reale funzionalità delle strutture e dei presidi di difesa utilizzati per la protezione dei lavoratori e dei clienti. Per creare condizioni di maggior consapevolezza al fine di rendere l’ambiente “meno ostile” occorre quindi incentivare l’utilizzo delle leve formative ed informative.
 
LA SORVEGLIANZA SANITARIA
 
Sarebbe opportuno predisporre un protocollo, attivato solo su richiesta del lavoratore esposto al rischio, che contempli un percorso sanitario realizzato dal medico competente, ed un accertamento medico successivo per i dipendenti direttamente coinvolti nel fatto criminoso, nonché l’iscrizione sul registro infortuni delle vittime potenziali, con automatica annotazione delle malattie correlate all’evento criminoso nel Registro Nazionale. Questo Registro, entrato in vigore nel gennaio del 2006 e attivato presso la banca dati dell’INAIL,  permetterà di monitorare tutte le informazioni per fornire un quadro completo e fedele, oggi inesistente, anche per le eventuali nuove patologie connesse agli eventi criminosi nel comparto bancario.
 
Dopo una rapina, dev’essere garantito un adeguato sostegno sanitario pratico e psicologico al lavoratore, adottando anche protocolli di riabilitazione supportati da competenze medico-specialistiche, rivolte a ridurre l’impatto di eventuali disturbi post traumatici da stress, che si possono evidenziare a distanza di mesi.
 
LA VIGILANZA
 
L’attività di vigilanza istituzionale per garantire in primis la tutela integrale della salute deve essere svolta con competenze coordinate e complementari su attività esogene riferite alla criminalità (Security) e attività endogene relative alla sicurezza e tutela ambiente di lavoro (Safety). Appare pertanto del tutto legittima l’attività di una ASL che attui la vigilanza sull’insieme e per ciascuno dei punti previsti dalla norma e che, in funzione delle proprie valutazioni, si esprima in merito con piena titolarità, eventualmente sanzionando o riferendo alla magistratura in caso di ipotesi di reato.
 
Per quanto riguarda l’affermazione del Ministero della Salute sulla competenza specifica delle ASL se pur “limitata alla vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro” non si può che essere d’accordo, senza però poi trascurare un richiamo esplicito sugli aspetti di sicurezza (Safety) che, per le attività non normate e/o in attesa di normativa specifica applicabile, viene regolato per legge da quanto previsto nell’art. 20 della legge 833/78 istitutiva del SSN“ Gli interventi di prevenzione all'interno degli ambienti di lavoro, concernenti la ricerca, l'elaborazione e l'attuazione di misure necessarie ed idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori, connesse alla particolarità del lavoro e non previste da specifiche norme di legge, sono effettuati sulla base di esigenze verificate congiuntamente con le rappresentanze sindacali ed il datore di lavoro, secondo le modalità previste dai contratti o accordi collettivi applicati nell'unità produttiva.”

IL PARERE DELLE ISTITUZIONI
 
Un contributo alle nostre interpretazioni ci viene da:
¨      la Cass. 22/3/02, n. 4129, pres. Mileo quando precisa “L'art. 2087 c.c., che, integrando le disposizioni in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro previste da leggi speciali, impone all'imprenditore l'adozione di misure necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, …….. Il contenuto dell'obbligo di sicurezza include anche i rischi derivanti dall'azione di fattori estranei all'ambiente di lavoro inerenti alla località in cui si trova il posto di lavoro nonché i rischi collegati all'azione criminosa di terzi.
¨      la Corte d'appello Milano 27/9/2002, Pres. Ruiz, Rel. Sbordone, quando precisa “L'obbligo di garantire la sicurezza sul luogo di lavoro di cui all'art. 2087 c.c. impone al datore di lavoro l'adozione di tutte le misure di sicurezza necessarie a tutelare l'integrità psico-fisica del prestatore secondo le particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica. La violazione di tale obbligo dà luogo, in caso di infortunio al lavoratore, a responsabilità contrattuale, che ribalta sul datore l'onere di provare di aver adottato tutte le misure richieste dal caso, mentre è escluso che il datore debba rispondere sulla base del mero presupposto dell'avvenuto infortunio, secondo un modello di responsabilità oggettiva alla costruzione ed alla interpretazione del citato articolo
¨      la nota del 7 febbraio 2008 che il Responsabile UO Igiene del lavoro della ASL di Milano, Dr. Giovanni Pianosi, ha inviato al Sindacato aziendale, al Datore di Lavoro della Banca Nazionale del Lavoro per il tramite del RSPP, ai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza sulle misure antirapina nelle agenzie BNL, di cui per brevità si riportano alcuni passaggi significativi:
 
“il titolo del documento di valutazione dei rischi non sembra individuare correttamente ciò che deve essere valutato: traumatismi e danni psichici conseguenti a rapina … il Dlgs ex 626/94 (oggi Dlgs n.81/2008) chiede al datore di lavoro il contrasto ai danni fisici e psichici che i lavoratori possono subire a seguito di atti criminali e non il contrasto alle azioni criminali in quanto tali” “Distinzione concettuale tra il rischio dell’agenzia ad essere rapinata ed il rischio dei lavoratori di subire danni psicofisici a seguito di una rapina..…e quindi l’opportunità di aggiornare la valutazione dei rischi alla luce di tale distinzione .   In ogni scheda rischio si valuta se l’agenzia è o no conforme al cosiddetto “Protocollo ABI” con il quale il datore di lavoro deve adottare almeno quattro sistemi scegliendoli in un elenco di 13” In realtà nelle schede di valutazione di ogni agenzia… non vengono esplicitate le misure effettivamente adottate ”E’ necessario che tutte le parti interessate ed aventi diritto, compreso l’ASL possano valutare l’appropriatezza delle scelte operate dal datore di lavoro.
E’ necessario esaminare con la massima attenzione se l’adozione delle misure 10 e 11 (dispositivo di erogazione temporizzata del denaro e di custodia dei valori ad apertura ritardata) non possa aumentare i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori.”
 
In definitiva il dispositivo della ASL di Milano, nel pieno rispetto dei principi della legge, afferma l’obbligo del datore di lavoro di valutare i rischi per la salute delle persone derivanti da un evento criminoso, e non invece i rischi patrimoniali.
 
In conclusione, il rischio rapina, da parte aziendale, richiede coerenti politiche rivolte alla tutela del benessere lavorativo, che, sviluppando una cultura della prevenzione, migliorino la tutela psicofisica delle lavoratrici e dei lavoratori, ne recuperino la produttività, intervenendo sui costi della non sicurezza, ne premino l’integrazione tra le scelte operative aziendali, l’attività legislativa e di controllo e sanzionatoria delle autorità pubbliche, in linea con i riferimenti di legge e favoriscano la partecipazione attiva dei lavoratori nel sistema di prevenzione aziendale.
 
  
[1]Il Prefetto di Torino dott. Goffredo Sottile ha chiarito che i Protocolli sono una manifestazione della volontà delle Parti rispetto a quanto previsto dalla legge, ma non un “rischio annunciato”.
[2]In via presuntiva la regola dell’Arte è assolta applicando la recente norma UNI 7289 - Statistiche degli infortuni sul lavoro - del 2007 – richiamata dai due articoli 53 e 54 del Testo Unico - Sezione VIII – Documentazione Tecnico Amministrativa e Statistiche degli Infortuni e delle Malattie. Tale norma è correlata con l’elaborazione delle informazioni sanitarie che, in via esclusivamente telematica, il medico competente deve trasmettere, nel rispetto del comma 1 dell’articolo 40 del nuovo Testo Unico: “Rapporti del medico competente al Servizio sanitario nazionale”.
 [3] Citazione del procuratore Raffaele Guariniello
x

Continuando la navigazione o chiudendo questa finestra, accetti l'utilizzo dei cookies.

Questo sito o gli strumenti terzi qui utilizzati sfruttano cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Chiudendo questo banner o proseguendo la navigazione, acconsenti all’uso dei cookie.

Accetto Cookie Policy
X